mercoledì, maggio 30, 2007

Senza titolo


Shhhh……..Silenzio!
In generale una frase, per bella e profonda che sia,
agisce soltanto sugli indifferenti, ma non sempre
può appagare chi è felice o infelice;
perciò suprema espressione della felicità o dell’infelicità appare
più spesso il silenzio.
Anton Cchov, Nemici

L’incipit, tratto da I Nemici di Anton Cechov, esclude a priori qualsiasi possibilità di interesse nei confronti di questo breve testo che, con molta presunzione, si prefigge di fornire qualche spunto utile a comprendere il lavoro dell’artista genovese Ettore Rosselli.
Purtroppo, o per fortuna, la mia professione mi fornisce come unico mezzo di espressione la parola, e quindi, concedetemi per qualche momento di interrompere il vostro personale silenzio e dedicate, se vi piace, un po’ di attenzione al rumore mentale delle mie parole.

Come non mi stanco mai di ricordare, il privilegio del lavoro del critico è quello di poter entrare in contatto con le più diverse personalità artistiche. Le lunghe chiacchierate che precedono la stesura di un testo sono sempre un momento entusiasmante e una grande opportunità per poter, anche solo per un attimo, penetrare nella mente di un’artista e carpirne i segreti del processo creativo.
Anche l’incontro, nello studio di Genova, con Ettore Rosselli si è dimostrato per me una fonte inesauribile di spunti e di idee, e mi ha dato la possibilità di approfondire il lavoro di un’artista che, fino a quel momento, conoscevo solo molto superficialmente.

La mostra Silenzio, nasce da una serie di suggestioni e da un percorso di crescita individuale che Rosselli sta compiendo da diverso tempo.
Il nostro artista, con il passare degli anni, ha riscoperto e rivalutato il valore estetico del silenzio e lo ha integrato con gli spunti derivanti da una sua ricerca personale mirata a recuperare una dimensione alternativa a quella dell’essere umano contemporaneo, una dimensione dove è necessario ritrovare un nuovo ed inedito equilibrio tra uomo, natura, progresso tecnologico e scientifico.
In questo percorso, per stessa ammissione dell’artista, è stato fondamentale il contributo derivante da un saggio di Eugenio Turri intitolato “Il paesaggio del silenzio” edito da Marsilio nel 2004. Turri nelle pagine del suo lavoro scrive:

“Ogni volta che guardiamo il paesaggio, tra i frastuoni del giorno, avvertiamo i limiti del nostro agire, la misura delle nostre capacità di creatori 8 di scenografie come di macchine che funzionano); ma poi, nel silenzio, avvertiamo l’altra dimensione, quella leopardiana. Il senso del tempo, attraverso il momento del silenzio, come sospensione della vita contrapposto al momento del rumore, anche se entrambi, silenzio e rumore, sono emanazioni del paesaggio, messaggi dei modi diversi dell’agire umano……. Ma è nel silenzio, che è astrazione rispetto alla vita convulsa del presente, dei suoi accadimenti incessanti, e distanziamento nel tempo e nello spazio del nostro sguardo sul mondo, che scopriamo tutti i nostri limiti. Il presente ci assorbe, ci distoglie, mai come nel nostro tempo, da ogni richiamo ai passati e ai futuri, ci impoverisce culturalmente…..
Così nel silenzio, nell’auscultazione delle voci profonde della natura ci scopriamo improvvisamente assoggettati al tempo e alla storia, non solo in quanto esseri viventi, ma soprattutto- ciò che più conta- in quanto agenti trasformatori della natura e costruttori di forme. Le quali durano sin quando non decidiamo, spinti dall’ansia di un presente insaziabile, che esse vanno sostituite con nuove forme, che poi restano sedimentate nella corteccia terrestre, sempre più rimpolpata da stralci atropici, destinati a diventare strati fossili con il sopraggiungere dei tempi millenari e dei sienzi che li ammantano: tutto ciò che resta del nostro muoverci, costruire, agitarci, trasformare.
[….] Per cui ecco un’inversione inattesa. L’uomo, riempiendo il mondo di manufatti, di spazio urbanizzati, di grandi concentrazioni antropiche, trasformando il paesaggio del suo vivere ed abitare, ha perduto la natura, il senso della sua condizione di abitante terrestre. Per ritrovarla deve cercare la solitudine. Fuggendo dalle città, dalle fabbriche, dal rumore del mondo e da quell’apparente non solitudine che sembra propria della condizione urbana. Cerca la solitudine se vuole ritrovare se stesso ( beata solitudo sola beatitudo). Di fatto quella dell’uomo delle metropoli è una solitudine tutta interiore, cioè di tipo sociale e perciò più sofferta, non allietata neppure da quella gioia partecipativa della natura, che, secondo Leopardi, è il suo unico possibile lenimento”

Le parole di Turri divengono un utile viatico per comprendere i lavori proposti in mostra. L’elemento del paesaggio, della natura in relazione con l’essere umano che, nell’ambito del silenzio, inteso come stato metaforico dell’animo, contribuiscono a creare l’opportunità di una nuova dimensione dell’essere, si rivelano, come vedremo, elementi cardine della ricerca pittorica di Rosselli.

La mostra nel suo alternarsi di opere è da intendersi come un susseguirsi di frames cinematografici, come il metaforico e lento svolgersi di una pellicola. I quadri compongono un ideale cortometraggio dove l’artista, come il regista, sposta l’occhio della macchina da presa dal piano all’americana al campo lungo.
E’ forte in Rosselli la sensibilità e la suggestione cinematografica, con un evidente riferimento alla poetica di Antonioni che diviene fonte d’ ispirazione attraverso le immagini de Il Grido, pellicola del 1957, girata in una valle padana madida di nebbia, che assume il valore di spazio simbolico, intriso di una poetica della solitudine e del silenzio.
Per il nostro artista il genius loci è incaranto dai suggestivi paesaggi delle valli di Comacchio che, proprio come per Antonioni, sono gli imperturbabili e rarefatti protagonisti delle tele impegnati in una sorta di dialogo spirituale con l’essere umano.
L’alternarsi del punto di vista e dei piani visivi, crea una ritmicità che ribadisce l’intento poetico di Rosselli nel sottolineare lo stretto rapporto che intercorre tra uomo e natura, rapporto che proprio attraverso una pausa di metaforico silenzio deve, nel desiderio dell’artista, essere recuperato per proporre un’alternativa salvifica ed esistenziale all’umanità.
Nei primi piani, dove la figura protagonista delle tele svela un elemento autobiografico ma non autoreferenziale, si nota una ricercata ipertrofia delle mani sottolineata da accenti di luci che sottintendono una comunicazione tra lo spazio irreale ed immaginario del quadro e l’ambiente che lo circonda. 
La materia pittorica si stempera sulla tela svelando la fisicità del supporto e sottolineando una dimensione rarefatta. Le velature si adeguano alla densità negata del colore ad olio per non tradire l’aspetto onirico delle immagini.
Da parte dell’artista c’è una predilezione per l’utilizzo del monocromo che si indirizza verso toni prevalentemente freddi che privilegiano le sfumature degli azzurri, dei viola e della terre spente.
Anche il pacato colorismo partecipa alla ricerca di un impatto emozionale che conduce lo spettatore in una dimensione rarefatta dove il silenzio non è solo una dimensione poetica e metaforica ma anche fisica.
Nella definizione del paesaggio emerge l’attenzione dell’artista per l’arte tradizionale cinese: arbusti, alberi, cespugli sono definiti con un segno leggero, con una pennellata che ricorda da vicino la pittura orientale. Vi è però, in questo senso, però da parte di Rosselli una rinuncia ad una certa vena decorativa che caratterizza tutta l’arte cinese antica, per coglierne e ribadirne l’aspetto più simbolico e poetico.

La mostra si conclude idealmente con una grande tela dove l’alternarsi tra primi piani e campi lunghi si ricompone in un’armonia proporzionale, in una veduta d’insieme. I due elementi, uomo e natura trovano un equilibrio e le tensioni sottointese si allentano. In questa rinnovata situazione di stabilità si intravede un messaggio di speranza, una via da percorrere per raggiungere una nuova dimensione dell’essere umano.

Ettore Rosselli si dimostra un artista complesso e raffinato che miscelando con inconsueta armonia elementi pittorici, cinematografici, e filosofici dà vita ad un piccolo e prezioso capolavoro poetico che segna una svolta interessante ed inedita nella sua ricerca artistica.

Igor Zanti

presentazione per la Mostra "il silenzio"
Castello di Nervi GENOVA
11-20 Ottobre 2008